Il mio viaggio, il nostro futuro

Ho conosciuto Dembele al ristorante “Al Canale” di Taranto, dal mio amico Eugenio. Qualificarlo come semplice cameriere è estremamente riduttivo. Non un estraneo, ma un giovane di famiglia… Sono rimasto colpito dalla sua educazione, dal suo garbo, dal suo sorriso sincero. Mi è apparso molto solare, aperto, comunicativo. Mai uno sguardo fuori posto. Un giovane uomo dall’animo buono. L’ho rivisto altre volte, sempre mentre serviva nello storico locale tarantino e mi ha confermato questi valori. La sua storia sembrerebbe la trama di un film, ma è vera! Autentica. Dembele (il suo nome è Fallaye, ma ormai tutti in Italia lo chiamano per cognome e anche lui lo ha accettato) si è inserito molto bene nella società italiana, nella città di Taranto. Può essere esempio e da esempio per esprimere al meglio il concetto di integrazione. Il differente colore della pelle, oramai, a mio avviso, è solo un pretesto per ignoranti. È stato molto bravo perché, appena arrivato in Italia, ha cercato subito un lavoro, ha fortemente voluto entrare in simbiosi con la nostra cultura italica. Qui è la differenza. Non si è isolato, non ha cercato comunità con altri immigrati, ha chiesto di entrare in contatto con noi italiani. La costanza lo ha premiato. Prima il lavoro in un vivaio, dove lui ha potuto mettere in pratica tutto quello che ha imparato dai suoi precedenti lavori in Africa, poi come cameriere in un ristorante. Ha studiato la nostra lingua e la parla fluentemente. Ha preso la patente, ha posato come modello per le sfilate di moda, ha fatto mille altri lavori, dignitosissimi, occasionali e convive con un’italiana. Oggi ha due figli (dalla prefazione di Renato Perrini, Consigliere della Regione Puglia).